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Fondi comuni: a ottobre l'emorragia non si ferma

di Marzia Redaelli

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22 Ottobre 2008

La bufera dei mercati continua ad agitare le acque del sistema dei fondi comuni, anche se per questi prodotti c'è maretta da tempo: dal gennaio 2006 le casse dei gestori si sono svuotate per più di 161 miliardi (91,7 solo dal gennaio scorso). Non solo. Le stime delle principali Sgr per questo mese (verranno comunicate il prossimo 7 novembre), non indicano certo un arresto dell'emorragia, anzi.
«Rischia di essere uno dei mesi peggiori in assoluto per i flussi – dichiara Attilio Ferrari, amministratore delegato di Arca Sgr –. Le famiglie sono influenzate psicologicamente dalle difficoltà dei mercati finanziari e, inoltre, in Italia il funding gap, cioè il divario tra impieghi e depositi delle banche, è di 500 miliardi di euro, da reperire con un mercato interbancario ingessato. I soldi che fuoriescono dai fondi non scappano dal perimetro bancario». Un riferimento chiaro all'oligarchia distributiva degli sportelli e al dilagare di strumenti poco trasparenti nei dossier dei risparmiatori, come polizze e obbligazioni strutturate.
I più penalizzati dai sottoscrittori continuano a essere i fondi obbligazionari, venduti a mani basse negli anni 90, nella fase di uscita della clientela dai titoli di Stato. Si aggiunga che, a differenza dei fondi, le obbligazioni bancarie concorrenti rientrano nelle garanzie del nuovo decreto salvabanche. «Il fondo comune non ha bisogno di essere garantito - afferma Fabrizio Fiorini, responsabile obbligazionario di Aletti Gestielle Sgr -. Il 90% dei fondi obbligazionari investe in titoli governativi, anche se c'è chi azzarda; lo strumento fondo può solo beneficiare della fuga verso la qualità. L'importante è imparare a valutare quello che si compra». Certo, è difficile dare rendimenti a una cifra, competitivi con quelli di strumenti privi di rischio, con commissioni che erodono anche un punto percentuale del valore aggiunto (i BoT emessi un anno fa hanno reso il 3,5% netto e i fondi obbligazionari governativi a b/t il 3,3%). I risultati brillanti di qualche fondo di liquidità che ha puntato sul differenziale di rendimento di obbligazioni societarie (fino a poco fa considerate sicure nonostante la contrazione del credito già in atto), si sono trasformati in perdite. «Il rischio di controparte esiste sempre, ma nei fondi è limitato; hanno un portafoglio diversificato e separato da quello delle Sgr – spiega Claudio Tosato, vice direttore generale di Mps Am –. Il grosso problema in questo momento è il rischio di liquidità. La categoria "monetari" di Assogestioni non limita il peso di emittenti societari sul totale. Mettendo un freno si potrebbe pensare a fondi ancora più sicuri, con rischi contenuti non solo in termini finanziari, ma anche di liquidità dei titoli in portafoglio».

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